La terza stagione di Ventiquattro e' quella delle conferme:
e' confermata una certa mancanza di realismo nella storia e nei personaggi, e' confermata una cifra recitativa di un buon spessore ma incalanata in certi cliche' del cinema d'azione americano, e' confermata l'antipatia di fondo di buona parte dei protagonisti ed e' confermata una certa ripetitivita' negli schemi narrativi con rovesciamenti di ruoli e colpi di scena alla Dick che anche se oramai te li aspetti, in questa terza serie funzionano meglio.
E' confermato, soprattutto, che 24 episodi sono troppi per il respiro delle storie raccontate ma stavolta il finale e' un crescendo ben orchestrato e ben dosato che funziona veramente bene, mentre sono le prime puntate che risultano eccessivamente diluite e avulse dal proseguimento della trama.
Si conferma anche il giudizio sulla serie, ovvero una produzione di alto livello ma eccessivamente di maniera, senza quei guizzi e quelle invenzioni che la renderebbero imperdibile (penso a Dexter, penso alla prima stagione di Battlestar Galactica, penso allo stesso Lost).
Il cazzatometro sfiora a tratti il limite oltre al quale non si torna piu' indietro e anche se qualche goccia di sudore freddo imperla la fronte in un paio dei passaggi piu' "caldi", la lancetta riesce a lambire il limite senza oltrepassarlo e tutto sommato la serie invoglia ad esercitare quel blando quantitativo di sospensione dell'incredulita' necessario a scavallare senza danni.
Giunti al terzo appuntamento ci si e' abituati all'idea della fine del mondo condensata in 24 ore, ci si e' abituati a Jack Bauer e al superomismo all'americana suo e di tutto il cast, ci si e' abituati allo stile della regia: sporco ma patinato e forse meno "di strada" rispetto alla prima stagione. E', quindi, piu' facile entrare nel vivo, ci si trova a casa in territorio noto e se da un lato manca la sensazione di novita' dall'altro tutto scorre meglio.
PS: articolo interessante su Apple. da Wired.com
martedì 22 aprile 2008
24 - Day 3
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